L'automatico Un po’ di storia.
Sotto la massa oscillante, come si vede nella figura, era fissato un disco intagliato (d) che serviva per arrestare la massa oscillante quando l’orologio raggiungeva la massima carica, per impedire rotture della molla o degli ingranaggi. Il disco veniva bloccato da una leva (L) spinta in alto dalla catena del conoide che, a molla tutta carica, faceva inserire la leva in uno degli intagli del disco.
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A Perrelet si deve anche l’invenzione degli “invertitori”: ruote concepite in maniera particolare che consentono la carica dell’orologio in entrambi i sensi di rotazione della massa oscillante.
Solidale alla massa oscillante (m o) è
fissata una ruota (r) con un pignone (p) coassiale, libero di girare in
un senso, ma bloccato nell’altro senso dall’azione del cricco (c)
solidale alla ruota (r). E’ molto interessante notare
come tale principio sia ancora oggi applicato ai moderni invertitori,
pur con le ovvie migliorie e le molteplici varianti. |
Successivamente anche Breguet si occupò ( e non poteva essere diversamente) di orologi automatici. Egli era a conoscenza dell’orologio di Perrelet, ma utilizzò un sistema diverso per far caricare i suoi orologi. Applicò infatti una specie di “martello” che meglio sfruttava il movimento sussultorio dell’orologio quando questo era messo nel panciotto del vestito.
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Da qui in poi però ci fu una specie di oblio e nessuno o quasi propose più orologi con carica automatica, fino a che, anche con l’avvento degli orologi da polso, non arrivò un certo Harwood, agli inizi degli anni ’20, al quale si attribuisce l’invenzione del primo orologio automatico da polso, brevetto che registrò in Svizzera nel 1924. Una dettagliata esposizione della storia di Harwood e dl suo orologio è qui: Il primo orologio automatico da polso La figura sotto è uno schizzo del sistema di carica dell'orologio automatico di Harwood, così come appare quando si toglie il fondo della cassa. Il supporto della massa oscillante A è imperniato al centro del movimento. Fissata a frizione ad A c'è una platina F1 con un cricco sul suo lato inferiore. Questo cricco ingrana sui denti della ruota W, che è la prima ruota del treno degli ingranaggi di carica e svolge il doppio compito di ruota cricco e ruota di trasmissione. La massa oscillante è provvista di un respingente a molla ad ogni estremità. Due fermi limitano il suo movimento ad un arco di circa 60°. Essa carica in una sola direzione e il movimento effettuato nel senso della freccia è trasmesso, attraverso una frizione, alla ruota W e da questa, attraverso due gruppi ruota-pignone P1 e P2, alla ruota di carica del bariletto
La platina fissata a frizione F1 normalmente si muove assieme alla massa oscillante ed è tenuta per mezzo di una molla regolabile F, la quale assicura che la platina ruoti assieme alla massa oscillante finché la molla di carica è quasi completamente carica (meno ¼ o mezzo giro). Harwood è convinto che il normale sistema svizzero della molla che slitta all'interno del bariletto quando è del tutto avvolta sia un errore. Egli sostiene che può essere evitata una gran parte dell'usura del sistema di carica se la frizione sul treno di ingranaggi è posta dal lato della massa oscillante. Anche in questo caso però, l’orologio non ebbe un grandissimo successo, tanto che negli anni seguenti Harwood fu costretto a chiudere la fabbrica che aveva avviato per la produzione di tali orologi. |
Pochi anni dopo, ci fu un’altra
importante tappa nella storia dell’automatico. Hans Wilsdorf, (ovvero
Mr. Rolex ), applicò un dispositivo di carica automatica al suo già
famoso orologio impermeabile, assurto ai fasti della cronaca anche per
essere stato al polso della nuotatrice che attraversò per prima la
Manica. Nasceva così l’ Oyster Perpetual.
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Ma esaminiamo nel dettaglio il dispositivo automatico.
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In questa foto, dove è stata levata la platina superiore del dispositivo di carica automatica, possiamo vedere il treno demoltiplicatore, che consente la carica della molla anche con piccoli spostamenti del rotore.
La massa oscillante è avvitata al suo albero (AM). |
Vediamo meglio il dettaglio dell’albero della massa
oscillante smontato e separato dalla ruota di trasmissione del moto.
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Un’altra novità che troviamo
sull’automatico di Wilsdorf è la molla con il sistema di sicurezza, una
brida attaccata alla parte terminale della molla che permetteva lo
scivolamento della stessa quando la carica raggiungeva il valore
massimo. |
Un altro passo in avanti fu fatto
quando la Felsa, nel 1942 creò il Bidinator, il primo automatico che
permetteva la carica in entrambi i sensi di rotazione del rotore.
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La ruota (G), che nel disegno sotto è rovesciata, nella parte inferiore era dotata di una molletta (M) solidale al pignone che ingranava il rocchetto del bariletto. La conformazione della molletta (rossa) permetteva il suo scivolamento rispetto alla ruota (verde) quando l’orologio veniva caricato manualmente, mentre impuntandosi nei fori della ruota stessa permetteva il suo avanzamento, e quindi la carica della molla, quando la massa oscillante ruotava.
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Un altro tra i sistemi da ricordare era quello con massa oscillante a “martello” che si trova ancora su vecchi movimenti automatici di varie marche, Omega per esempio. Le molle respingenti poste a fine corsa della massa oscillante avevano lo scopo di aumentare il numero delle oscillazioni della massa stessa, caricando maggiormente la molla, ma lo svantaggio della minore escursione e conseguentemente di minor ricarica che queste molle portavano, non era compensato dal maggior numero di oscillazioni.
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Un altro cenno particolare merita il sistema a doppio pignone, vediamo un esempio nel movimento Omega in foto, dove il moto della massa oscillante veniva trasmesso ai ruotismi da una coppia di piccole ruote, indicate dalla freccia, poste a loro volta su un ponte imperniato alle platine che permetteva di trasmettere il moto qualsiasi fosse il senso di rotazione della massa oscillante.
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Un ulteriore sistema fu brevettato dalla IWC, il Pellaton: il sistema prevedeva una camma a forma di cuore, solidale alla massa oscillante, che faceva muovere due cricchetti che a loro volta attraverso altre ruote caricavano la molla.
Il particolare del dispositivo: In definitiva, dopo aver esaminato questi sistemi di
carica automatica possiamo giungere ad alcune conclusioni: |